Longhi al giovedì

La speranza era che tutt’e quattro le italiane in Champions si qualificassero per gli ottavi di finale, invece, solo Juve e Roma hanno brindato al passaggio del turno. La Juve, come era preventivabile, ha dominato il suo girone al di là delle sconfitte contro il Manchester United e lo Young Boys, mentre la Roma si è qualificata con una giornata di anticipo ma dalle parti di Trigoria si respira un’aria pesante per una squadra che in campionato seguita ad annaspare. Contro il Viktoria Plzen era importante vincere per dissipare qualche fantasma, invece, la sconfitta ha esacerbato ulteriormente gli animi di una tifoseria che vede la propria squadra allo sbando. In questi quattro mesi e mezzo così difficili, aver superato il girone di Champions, avendo avuto la fortuna di giocarne uno abbordabile, è stata l’unica fonte di soddisfazione ma ciò non ha evitato i processi di un ambiente contrariato e inviperito. Comunque, Juve e Roma ce l’hanno fatta e aspettano solo di conoscere le rispettive avversarie per gli ottavi, mentre Napoli e Inter si sono amaramente congedate dalla competizione.
Il Napoli è uscito con le ossa rotte da Anfield: gara dominata dai Reds che, passati in vantaggio nella prima frazione con la rete di Salah, hanno tenuto il controllo della gara per tutto il tempo salvo rischiare qualcosa negli ultimi minuti. Chissà cosa si sarebbe detto se Alisson, al 92’, non avesse compiuto quel miracolo su Milik, il calcio è anche questo, sono gli episodi a determinare la sorte di una squadra. Il Napoli si era presentato ad Anfield da primo del girone e da imbattuto, avrebbe staccato il pass per gli ottavi anche in caso di pareggio o di sconfitta di misura eccetto l’1-0, ma ha prevalso la paura, la soggezione di ritrovarsi in un contesto infuocato contro dei giocatori che avevano affilato i denti per azzannare gli avversari. Ci si aspettava un Napoli diverso, se Ancelotti doveva infondere alla squadra la mentalità da grande per questi appuntamenti, non ci è riuscito e dovrebbe prendersi le sue responsabilità. Per quanto tempo ci si potrà ancora accontentare di uscire a testa alta? Resta la beffa del declassamento in Europa League pur avendo perso solo una partita, mentre il Liverpool, che ne ha perse tre, andrà avanti. Più che il gol del 3-1 subito al San Paolo contro la Stella Rossa, hanno pesato tantissimo lo 0-0 di Belgrado alla prima giornata e quel gol di Di Maria allo scadere dopo una prestazione ai limiti della perfezione al Parco dei Principi. Bisognava evitare di andarsi a giocare la qualificazione nella tana del Liverpool, a quel punto si doveva andare lì con il piglio giusto, invece, è venuta fuori una serata da horror.
L’Inter si è abbandonata al cupio dissolvi, dopo i sei punti nelle prime due giornate, si pensava che la qualificazione fosse ipotecata. La sconfitta di Wembley contro il Tottenham aveva un po’ complicato i piani, non si era più padroni del proprio destino, ma intanto bisognava battere in casa il già eliminato Psv. Non averlo fatto, ha sancito la condanna per una Inter che si è autoflagellata da sola, il Barcellona ha bloccato gli inglesi sul pari, bastava vincere per approdare agli ottavi. È come se l’inaspettato vantaggio olandese avesse fatto perdere certezze agli uomini di Spalletti, come se si aspettassero un atteggiamento più morbido da parte di una squadra che non aveva alcunché da giocarsi. Aver sprecato così la qualificazione è un qualcosa che non ha scusanti, ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità per una delusione figlia di un po’ di inesperienza e un po’ di presunzione. Al di là di alcune scelte discutibili di Spalletti, il principale indiziato a salire sul banco degli imputati, non serviva una impresa per piegare il Psv, solo maggiore fame, quella che non dovrebbe mai mancare, soprattutto quando la posta in palio è altissima.