L’editoriale di Checco Oddo Casano – ROMA, E’ NUOVA RIVOLUZIONE: IL MAMBO SALENTINO DI PETRACHI

“Le nostre ombre sopra la sabbia e almeno fino al mattino” una strofa di Mambo Salentino, hit di successo del duo Boomdabash-Alessandra Amoroso che ha accompagnato l’estate italiana risuonando nei bar e nei locali italiani, rappresenta e sintetizza forse al meglio l’impegno profuso da Gianluca Petrachi da Lecce, immaginifica colonna sonora della sua prima rivoluzione romanista. Chissà quante volte l’ex ds granata avrà ascoltato in sottofondo questa canzone, tra un viaggio e l’altro, tra una trattativa e l’altra. Un’estate complicatissima, iniziata con notevole e colpevole ritardo (non suo), delineata allo start da una conferenza stampa fiume che ha scandito modi, tempi, possibilità e speranze del nuovo corso romanista. “Vedrete la squadra giocare a calcio, con coraggio e ambizione. Chi non vuole stare qui è giusto che parta, ma non ci faremo prendere per il collo da nessuno perchè siamo la Roma”. Parole scolpite da Petrachi sulle ‘nuove tavole della legge’ di Trigoria, della serie patti chiari e amicizia lunga, con tutti, anche con Dzeko, il caso più spinoso del mercato giallorosso.

L’AMICO ANTONIO E IL FIGLIOL PRODIGO EDIN – Agli albori della sua esperienza in giallorosso (occultata inizialmente per la difficoltà di liberarsi ufficialmente dalle catene di Cairo), Petrachi aveva provato a convincere il suo amico, Antonio Conte a seguirlo nella capitale. Conterranei, ambiziosi, rivoluzionari. L’ex Ct azzurro aveva accettato le condizioni economiche proposte dall’ad romanista, ma il corteggiamento dell’amico Gianluca è caduto dinanzi all’impossibilità per la Roma di trattenere alcuni big e rilanciare il progetto sportivo dopo una stagione fallimentare. Il ritorno di Marotta e le promesse di Zhang hanno fatto il resto, dirottando Conte in nerazzurro, ma Petrachi non si è perso d’animo. Il viaggio a Madrid di metà giugno, al fianco del fido Fienga, hanno posto le basi del nuovo corso tecnico giallorosso: Paulo Fonseca, 9 titoli in Ucraina con lo Shakhtar, calcio ambizioso, qualitativo, offensivo. “Vi stregherà, come ha fatto con tutti noi sin dal primo incontro e vi farà vedere una Roma che renderà orgogliosi i tifosi” ha giurato il ds leccese nella sua conferenza d’insediamento. Scelto il tecnico, ha poi affondato le mani nelle macerie lasciate da Monchi: una squadra da ribaltare concettualmente, tecnicamente e mentalmente. “Se potessi cambierei ancora di più la rosa, ma non so quanta possibilità ci sarà”. 10 i nuovi acquisti, 13 le cessioni se si guarda solo alla prima squadra. Un saldo di mercato sostanzialmente in pari, con prospettive però di recuperare denaro fresco da Schick e Nzonzi, emblema del fallimento Monchiano. Complessivamente oltre 50 operazioni, considerando gli addii a parecchi giovani ex Primavera. Una mole di lavoro enorme, che inevitabilmente ha presentato delle difficoltà economiche oggettive (considerata la mancata qualificazione alla Champions) e qualche inciampo, ma che ha portato la Roma ad avere una rosa più equilibrata, più completa, sulla carta forse più forte rispetto allo scorso anno, nonostante l’incubo delle plusvalenze.

ITALIA E PREMIER – Petrachi si è mosso su due diverse direttrici: da una parte la scelta di calciatori che conoscessero il campionato italiano (Veretout, Diawara, Zappacosta, Spinazzola, Mancini, Kalinic), ampliando il blocco azzurro che pone la Roma in testa alle big come struttura portante nostrana; dall’altra ha puntato sulle riconferme di alcuni calciatori e sull’esperienza sfruttando gli ultimi giorni di mercato per cogliere le giuste opportunità. Smalling e Mkhitaryan, arrivati dalla Premier al fotofinish del lungo mercato estivo, rappresentano un’iniezione di qualità, personalità, esperienza internazionale ad un gruppo che in questi anni aveva perso drasticamente questi elementi. Ma forse il vero colpo è stato il rinnovo sorprendente di Dzeko. Col bosniaco il rapporto era iniziato in salita: “Nessun calciatore si può ritenere proprietario della Roma. Non ci faremo strozzare da nessun. Edin ha un accordo con un altro club, ma se vuole andare via portasse il grano”… Dichiarazioni durissime che sembravano aver posto un solco definitivo sull’esperienza romana del bosniaco. L’Inter non ha mai però raggiunto la richiesta economica di Petrachi: 20 milioni cash, prendere o lasciare. L’affetto dei tifosi, del gruppo, della società, ha spinto Dzeko a risposare la Roma, ma la sensazione è che se Icardi avesse detto sì ai giallorossi, oggi la maglia numero 9 della Roma ricadrebbe sulle spalle dell’argentino. In mezzo al caso Dzeko, Petrachi ha piazzato altri rinnovi importanti: Zaniolo, a lungo rincorso da Juventus e Tottenham;  Cengiz Under e Fazio con spalmatura. L’unica scommessa, a bassissimo prezzo, si chiama Mert Cetin, difensore turco del 97′ che avrà modo di crescere con calma. Il campo darà, da giudice ultimo, il responso sul lavoro di Petrachi, che spera di poter ascoltare ancora quel Mambo Salentino, grazie alle giocate della sua prima Roma…

A cura di Maurizio Longhi