Gli effetti dell’abolizione delle comproprietà

Fino a 4 anni fa, la sessione estiva di calciomercato si poteva dividere in due parti: quella in cui si cercava un accordo per le (innumerevoli) comproprietà esistenti e quella in cui le squadre acquistavano a titolo definitivo o temporaneo i giocatori. La prima fase era un vero e proprio rituale: i club comproprietari del cartellino di un giocatore dovevano cercare un accordo in tempi ristretti e spesso non riuscivano nel loro obiettivo. Per chi non trovava una soluzione entro la scadenza, si ricorreva alle famigerate buste. Questo meccanismo ha generato negli anni anche dei clamorosi colpi di scena, come il riscatto da parte della Ternana, all’epoca in Serie C, dell’intero cartellino di Luis Jimenez dall’Inter per 3 milioni o l’errore di trascrizione di Salvatore Bagni, ai tempi dt del Bologna, che privò i felsinei di Viviano.

Quello delle comproprietà era un sistema che andava incontro specialmente ai club minori. Nel 2014, però, si decise di abolire questa formula: le ultime compartecipazioni risolte del calciomercato italiano sono datate 25 giugno 2015. Questa scelta ha cambiato di molto le strategie dei club nostrani, che si sono trovati costretti a ricorrere a formule di trasferimento fino a quel momento poco utilizzate in Italia. Andiamo a vedere dunque come l’abolizione delle comproprietà ha cambiato il calcio italiano.

Recompra – Fino al 2014, il diritto di riacquisto era un meccanismo totalmente inesplorato in Italia. Il club pioniere fu la Juventus, che 5 anni fa utilizzò questa formula, importata dalla Spagna, per assicurarsi le prestazioni di Alvaro Morata. Rispetto alle comproprietà, la recompra prevede che la società acquirente diventi interamente proprietaria del cartellino, pagandone il prezzo pieno, subendo poi eventualmente la recompra dell’altra squadra, a fronte di una sorta di premio di valorizzazione. La diffusione della recompra è stata repentina e oggi molti club italiani, Juventus e Roma su tutte, si affidano a questo metodo.

Prestito con obbligo di riscatto – Si tratta di una fattispecie che, per quanto già presente, era rarissima prima dell’abolizione delle comproprietà. Fra i primi casi si annovera quello di Dodò, che passò dalla Roma all’Inter con questa formula e con l’attivazione dell’obbligo alla prima presenza in nerazzurro del brasiliano. Questo meccanismo prevede un semplice prestito con diritto di riscatto a cui viene però allegata una condizione che fa scattare l’obbligo per la società acquirente di comprare il calciatore a titolo definitivo. Si tratta di un’operazione che va a rimediare all’eliminazione del prestito con diritto di riscatto della metà del cartellino, la cui abolizione avrebbe potuto portare il club che riceveva in prestito il giocatore, specialmente se non di prima fascia, a non riscattare il calciatore, in quanto avrebbe dovuto pagare l’intero cartellino del giocatore. Anche in questo caso la diffusione è stata rapida e le società cercano condizioni sempre più elaborate per l’attivazione dell’obbligo di riscatto.

Percentuale sulla futura rivendita – Anche l’acquisto con percentuale sulla futura rivendita era un meccanismo già esistente prima del 2014, ma l’incremento della sua diffusione è dovuto all’abolizione delle comproprietà. Questo metodo, molto in voga in Brasile, prevede che il club che acquista il giocatore ne diventi proprietario, ma la squadra che vende mantenga una percentuale sulla rivendita del giocatore da parte del club acquirente (solitamente 10%). Anche su questo fronte le società stanno diventando sempre più sofisticate, introducendo varianti come la percentuale solo sulla plusvalenza o a partire da una certa soglia (ovvero solo se il calciatore viene venduto ad un prezzo superiore ad una cifra prefissata).

Il futuro: comproprietà mascherate? – Alcuni club stanno iniziando a studiare delle comproprietà 2.0. Il meccanismo è semplice e prevede l’acquisto di un calciatore con una percentuale della futura rivendita del 50%. Questo metodo è ancora poco diffuso ed è stato usato finora dalla Roma nella vendita di Sanabria e Machin e dalla Juventus per l’acquisto di Bentancur. La formula descritta, sebbene sia palesemente una comproprietà mascherata, non è vietata dalla FIGC. Qualora quest’operazione inizi a diffondersi, tuttavia, non è improbabile pensare che chi di competenza corra ai ripari, vietando questa formula in quanto utilizzata con il chiaro intento di riprodurre la fattispecie della comproprietà.